Il pressing della camorra per infiltrare l'economia

2023-01-05 16:42:44 By : Ms. Helen Xiao

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Non c’entra solo lo spaccio, il racket, l’imposizione delle forniture. No, da queste parti, l’affare è decisamente più corposo e pericoloso al tempo stesso. Qui a Mergellina - a due passi dal Lungomare di Napoli e dalla collina di Posillipo, nel cuore del quartiere Chiaia -, il pressing delle organizzazioni camorristiche rischia di infiltrare l’intero tessuto economico cittadino. Non è solo una questione di chi spaccia la droga nei fine settimana o di quanti parcheggiatori abusivi riescono a strappare posti per la sosta selvaggia. La vera emergenza riguarda invece il vero e proprio capitolo nero della camorra a Napoli: il fenomeno del riciclaggio di denaro sporco. Parliamo della questione della lavatrice, vale a dire della capacità di ripulire soldi sporchi e di trasformarli in economia apparentemente sana, vincente, degna di esistere a pieno titolo in un circuito virtuoso. 

Un problema annoso, oggi decisivo, alla luce dell’esplosione della ristorazione nelle zone più gettonate della città (Chiaia, ma non solo, c’è anche Vomero e Coroglio sotto osservazione), in cui l’economia pulita deve essere difesa, tutelata, messa al riparo da ogni tentativo di infiltrazione. È uno scenario, quello a cui assistiamo in questi giorni, su cui ha a lungo lavorato l’ex procuratore di Napoli Gianni Melillo (attuale capo della Dna), e su cui sono operativi i migliori reparti investigativi del territorio, sotto il coordinamento della procuratrice di Napoli Rosa Volpe. In sintesi, la massa di soldi creati dalle piazze di spaccio, falso, racket e usura vanno convertiti in capitali in chiaro, buoni da mettere in banca e pronti per essere investiti.

Una dinamica che impegna anche pezzi di borghesia napoletana e che viene sintetizzata da un esperto investigatore napoletano (a lungo impegnato in materia finanziaria) con il cosiddetto trucco dell’abbattitore. Già, l’abbattitore, vale a dire l’oggetto dei desideri di qualunque chef che abbia pretese o vocazioni gourmet. Funziona in questo modo: se voglio infiltrare capitale sporco in una attività imprenditoriale apparentemente pulita, affitto un locale e compro un abbattitore (di quelli che eliminano le impurità dal pesce crudo) che può costare dalle cinquantamila euro a salire. Come lo compro? I soldi li ho, sono proventi di attività illecite, solo che l’abbattitore lo compro a rate, firmando cambiali, in modo da attestare una sorta di rischio di impresa. O meglio: i soldi al commerciante che mi ha venduto l’attrezzo li verso subito, cash e in nero, ma formalmente ogni mese onoro la rata delle cambiali che stanno a monte dell’investimento. 

Già, ma come faccio a dimostrare la capacità di onorare il mio debito? Come faccio a giustificare i soldi con cui ogni mese pago un debito costruito per comprare arredi e macchinari necessari a portare avanti il business? Semplice: stacco centinaia di scontrini fiscali al giorno, anche in assenza di un consumo reale, un modo semplice che mi consente di inserire nel registratore di cassa soldi che sono stati prodotti dalla droga e da altre attività illecite. Un modo rapido ed efficace, per lo più garantito anche dalla impossibilità degli organi di controllo di visionare le attività alla cassa di ogni singola attività commerciale. Specie se in città ogni buco si trasforma in un locale commerciale. Ed è attraverso questa strategia (che ovviamente non riguarda solo gli abbattitori del pesce crudo, ma qualunque investimento per attività commerciali al minuto) che si consuma l’abbraccio tra due mondi: quello pulito e quello illecito; quello borghese e quello criminale. Una realtà che diventa grave, alla luce delle pressioni che si consumano per strappare sfere di sovranità nella zona caratterizzata da maggiore dinamismo commerciale. È il caso di quanto avvenuto a Napoli negli ultimi mesi, in zona Torretta, dove soggetti legati ai clan di Miano (uniti a personaggi legati a cosche di Secondigliano) puntano ad entrare nella grande giostra della movida e della ristorazione.

Doverosa una premessa, a questo punto: food e parcheggi, ristorazione e attività di servizio sono realtà per lo più condotte da persone oneste, che vanno tutelate - ora più che mai - da un certo tipo di pressione criminale. Quanto basta a tenere accesi i riflettori su quanto avvenuto all’ombra di via Cucca e di via Santa Maria della Neve negli ultimi mesi, dove si sono registrati agguati, stese e tentativi di regolamento di conti tra soggetti in odore di camorra. Bene hanno fatto gli inquirenti napoletani ad unire episodi apparentemente spuri in un discorso di insieme, sempre partendo da un input investigativo lanciato un anno fa dai vertici della Procura di Napoli, nell’aula magna della Federico II: guai ad abbassare la guardia di fronte a un tentativo di infiltrazione che fa del riciclaggio il proprio strumento di penetrazione nel mondo degli affari che contano e nel tessuto vincente della nostra economia. Ne va della sopravvivenza dell’intera economia cittadina.